Estratto dal "Corriere della Sera" in: "Pubblico & Privato" di
Francesco Alberoni
IL BUON CAPO LO SI RICONOSCE SUBITO
BASTA UN PICCOLO TEST

Potete riconoscere con sicurezza, fin dai suoi primi gesti, fin dalle sue prime azioni, senza timore di sbagliare, se una certa persona governerà in modo dispotico, disprezzando ogni merito e ogni valore.
Osservate come sceglie i collaboratori a cui affida i compiti più importanti e riservati.

Il capo, che desidera veder prosperare la sua organizzazione in un clima di collaborazione e di armonia, sceglie le persone di valore, oneste, creative, dotate di autonomia di giudizio.
Lo stato maggiore delle grandi imprese di successo è formato, di solito, da manager di prim'ordine, ciascuno dei quali, in caso di necessità, può sostituire il capo supremo e addirittura prenderne il posto.
E, sebbene le decisioni spettino sempre al capo, egli normalmente le discute con loro nel comitato di direzione.

Invece il comportamento del despota è completamente diverso. Anche lui usa collaboratori di valore, perché senza di loro, l'organizzazione non potrebbe funzionare.
Però per i compiti più importanti, più delicati e più sporchi, usa esclusivamente un gruppo di personaggi fedelissimi, di solito mediocri, privi di qualità intellettuali e morali, ma che gli ubbidiscono ciecamente.
Hitler ha lasciato ai loro posti i generali delle forze armate, ha Wehrmacht, ma li ha messi sotto il controllo dei suoi compagni di partito, Goebbels, Himmler, Goering e delle milizie speciali, le SS, che rispondevano solo a lui.
Milizie in cui venivano reclutati giovani ambiziosi, spregiudicati, aggressivi e pieni di odio.
Anche Stalin lascia al loro posto alcuni grandi funzionari statali e generali della Armata rossa. Ma sotto il tallone dei suoi commissari politici e della polizia segreta.

Non dobbiamo pensare però che questi metodi siano limitati alla politica o ai regimi totalitari.
Su scala più modesta vengono applicati anche nelle imprese pubbliche e private.
L'ho capito tempo fa quando ero consulente di una impresa dove gli eredi avevano da poco nominato un nuovo amministratore delegato.
Costui, con mio grande stupore, per prima cosa ha nominato capo del personale un uomo rozzo, ignorante, invidioso, di cui si diceva che rubava, ma che gli ubbidiva ciecamente.
Vedendolo all'opera, ho capito che il suo compito era angariare, perseguitare tutte le persone dotate di senso critico, tutti coloro che non chinavano la schiena, che non ubbidivano prontamente a qualsiasi tipo di ordine venisse dall'alto.
In poco tempo una impresa piena di vigore e di fermenti è diventata una macchina servile dove, quando arrivava l'amministratore delegato, tronfio e a petto in fuori, tutti si inchinavano.
Era un uomo che parlava ad alta voce, entrava nelle stanze senza bussare e, ignorando qualsiasi principio di equità e di giustizia, appoggiava solo coloro che lo aiutavano nei suoi affari personali.
Eliminato così chi poteva criticarlo, cambiati i consulenti, i legati, i fornitori, stava per impadronirsi della impresa.
Era ad un passo dal riuscire, quando, con un atto di coraggio, uno dei giovani proprietari è riuscito a farlo licenziare.

Ed è sempre così: il despota, il personaggio che usa l'organizzazione per i suoi scopi personali, governa con una cricca formata da personaggi squallidi, privi di moralità, che dipendono ciecamente da lui.
Mentre i funzionari che mandano avanti l'organizzazione, soprattutto quelli più preparati e onesti, vengono tenuti all'oscuro delle decisioni più importanti e, spesso, umiliati e minacciati.