Estratto dal "Corriere della Sera" in: "Pubblico & Privato" di
Francesco Alberoni
MEGLIO DIFFIDARE DI QUELLI CHE INCANTANO CON LE PAROLE

L'altro giorno sono stato ad un convegno. Prima ha parlato un oratore bravissimo, per oltre un'ora. Parlava in modo seduttivo avvolgente. Noi tutti pendevamo dalle sue labbra, ammirati. In seguito ha preso la parola un altro che, invece, con grande semplicita', ci ha illustrato i problemi affrontati. Dopo qualche ora mi sono accorto che non riuscivo piu' a ricordare cosa avesse detto il primo. Mentre ricordo benissimo il messaggio del secondo.

Perche? Perche' quest'ultimo aveva concentrato il suo discorso sulla sostanza del problema. E, nell'analizzarlo, ci aveva fatto percorrere la strada piu' breve, piu' semplice. Aveva usato numerosi esempi attinenti alla ricerca soltanto per mettere in evidenza qualcosa di importante. Per aiutarci a memorizzare.

L'altro, invece, nel suo discorso, raffinato, procedeva in modo avvolgente, senza andare mai dritto verso la meta. Faceva continuamente delle digressioni, nominava autori sconosciuti, inseriva delle citazioni colte, spesso nella lingua originale. Costruiva immagini brillanti, giochi di parole. Ma non faceva esempi semplici. In sostanza, tutte le informazioni che ci dava, ed erano numerosissime, non avevano come scopo di rendere piu' nitita la spiegazione, ma di mostrarci quanto lui fosse colto, informato, sapiente.

Questa esperienza mostra che ci sono due tipi di studiosi. Il ricercatore e l'erudito. Il ricercatore studia perche' vuol comprendere, perche' vuole andare in profondita', vuol risolvere un problema, sciogliere un enigma, fare luce dove ci sono tenebre. E, ogni volta che illumina una zona oscure, ne fa partecipi i sui allievi, i suoi colleghi, la sua famiglia. Mette in comune con gli altri cio' che ha scoperto.

L'erudito, invece, studia per accumulare conoscenza, per imparare cio' che gli altri non sanno. E queste conoscenze le tiene per se', e le difende con cura. Non le diffonde, non le insegna ai suoi allievi, non le comunica ai colleghi. Le tira fuori solo per dimostrare agli ascoltatori quanto e' colto, sapiente, superiore a loro. Per schiacciarli con la sua cultura.

Per capire se siete di fronte ad un vero ricercatore o ad un erudito basta, percio', ascoltare una sua conferenza, una sua lezione o leggere uno dei suoi libri.

Il primo si sforza di essere chiaro. Perche' gli sta' a cuore chi lo ascolta. Perche' cerca di sviluppare la sua intelligenza. E lo conduce con mano tanto leggera che, alla fine, spesso, l'altro non si accorge nemmeno di essere stato guidato. Quando arriva alla conclusione ha l'impressione di averla scoperta da solo. "Era cosi' semplice - pensa - bastava rifletterci con un po' di attenzione".

L'erudito, invece, si preoccupa di se' stesso. Mette in scena se' stesso. Mentre parla vuole indurvi a pensare: "Perbacco, quante conoscenze ha costui! Quanti libri ha letto, quanti autori conosce! Io non potro' mai arrivare alla sua altezza. E' inutile che mi sforzi di capire da solo. Mi conviene stare in religioso silenzio, ed imparare".

Cosi', incantati dalle sue esibizioni, finite per perdere di vista il problema principale e rinunciate a mettere a frutto la vostra intelligenza, le vostre capacita'. Alla fine del suo discorso non penserete mai: "Avrei potuto arrivarci anch'io". Vi ha insegnato solo l'ammirazione e la deferenza.